L’Altro Mondo – Terzo Giorno

Pubblicato: 17 ottobre 2007 in L'Altro Mondo

Terzo Giorno

 
Quando si alzò era distrutta non tanto per il sonno perduto, quanto per le nuove paure e i nuovi interrogativi che prendevano piede in lei: quei sogni dovevano pur significare qualcosa.
Cercò di evitare un confronto con i suoi parenti e per lo più ci riuscì, dovendosi preparare per uscire e per partecipare ad un incontro col suo gruppo di amici, come aveva fatto proprio due giorni prima.

 

Si vestì invero svogliatamente, e lasciò casa soprappensiero fissando il terreno per focalizzarsi su quello che poteva trovare nella sua mente.
Raggiunti gli altri puntò dritta verso Michael, incollando sulle labbra di quello un bacio che lo avrebbe zittito probabilmente per il resto della giornata: fu infatti lunghissimo ma a dir poco passionale.
Il ragazzo non proferì parola quando Fran gli disse che aveva bisogno di parlare con Bruno, il quale era arrivato in quel momento e aveva parcheggiato l’auto a pochi passi da loro: lo raggiunse in macchina e non gli diede il tempo di salutarla poiché attaccò subito un discorso veloce e preciso. «Ecco, Bruno, è meglio che non ci vediamo più per un po’, anzi è meglio anche evitare di parlare o scriverci, devo riflettere a fondo su di una cosa, poi quando ne sarò venuta a capo ti farò sapere io…», il suo viso era deciso e cupo, quello di Bruno preoccupato e già in parte triste, anche se riusciva a nascondere fin troppo bene i suoi sentimenti, volendo affrontare il problema razionalmente.
«Come mai mi dici questo? Ho fatto qualcosa? Qualche errore di cui stupidamente non mi sono reso conto? Dimmi tutto ti prego, sai che voglio parlare con te» si rese conto però che la ragazza non era troppo aperta al dialogo in quel giorno.
«No guarda, non è il caso ora di parlarne, te l’ho detto, poi ti farò sapere…».
Bruno fu sorpreso da quel discorso, ne rimase colpito e scosso, cercò ancora di replicare ma ciò che pronunciò non giocò a suo favore: «ma, Fran, ti prego dimmi cosa è successo, io non voglio farti del male, sono qui per difenderti…».
Non finì di pronunciare quella frase che venne subito interrotto dalla giovane: «no basta adesso davvero non mi va di parlarne, io vado ci vediamo».

 

Lasciò di colpo l’auto e il ragazzo rimase bloccato per quel comportamento, fissandola mentre le scappava dalle mani per correre dal suo ormai unico punto di riferimento, Michael.
Fecero così la loro solita passeggiata, questa volta però con Michael ancora stordito per lo scossone di poco prima, Fran ancora piena di paura per la nottata e Bruno incredulo per il discorso che gli era stato fatto, mentre altri amici ed amiche cercavano di comprendere perché fosse così “giù”, poiché si era staccato dal gruppo che seguiva i due fidanzatini.
La mattinata si concluse così come era iniziata, senza alcun interesse a proseguirla da parte di tutti. Coloro che solitamente davano vita a quelle passeggiate erano o turbati o tristi per gli avvenimenti descritti, e non riuscivano a farsi consolare dagli altri presenti. Michael quindi cercò di invitare ad uscire Fran anche quella sera ma la ragazza rifiutò, mentre era ancora avvolta nei suoi pensieri, e il suo fidanzato non insistette, forse ancora sotto l’effetto del bacio.
Tornarono tutti a casa, tutti per passare la solita giornata, tranne la splendida Fran, ancora occupata a cercare un significato per quei suoi sogni, e il triste Bruno, che focalizzava la sua attenzione ancora verso quel discorso.

 

Le ore passarono con la loro consueta velocità e la notte arrivò: Fran tremò al solo pensiero di doversi avvicinare di nuovo al letto, come se avesse visto la creatura che infestava i suoi sogni stesa su di esso ad aspettarla, ma poi si distese delicatamente coprendo la sua morbida pelle con le coperte, unico scudo esterno per il suo avvenente corpo.
Di nuovo il sonno si impossessò di lei, nonostante la sua mente non ne sentisse il bisogno in quel momento. Riuscì comunque a recuperare qualche ora di sonno, ma di sicuro furono di meno di quelle del giorno prima, le quali come già detto furono circa quattro.

 

Dopo poco si ritrovò di nuovo nel luogo apparentemente paradisiaco del primo sogno, l’immenso campo sovrastato da un cielo terso, questa volta era però più vicina a quella zona oscura che in passato la stava per far scappare dal sogno.
Guardava quella zona con odio e cercò di evitarla dopo averla fissata, poi di colpo vide ergersi ai suoi fianchi due immense mura che si innalzavano fino al cielo, cercò quindi di girarsi nella direzione che conduceva dall’altro lato rispetto alla zona coperta da quel cielo oscuro, ma di colpo apparse un altro muro che le chiudeva la strada anche in quella direzione: si rese conto di trovarsi in un corridoio a senso unico che l’avrebbe condotta direttamente verso quella zona odiata, e quindi pensò bene di non muoversi dalla sua posizione, appoggiandosi alle mura formatesi.
Purtroppo questa sua idea venne vanificata dopo qualche istante, quando si rese conto che proprio il muro dove si era poggiata si stava muovendo, e anche a gran velocità, verso quella nefanda zona. Tentò di fermarlo ma non ve n’era modo, quindi cominciò a correre con i suoi piedi notando che il muro si era fermato, come se prima avesse voluto solo invogliarla a muoversi. Era costretta a correre verso quella zona, e con tutte le sue forze.
Arrivata lì venne come annunciata ad un nuovo mondo da un lampo che toccò terra poco distante dalla sua posizione, e che fu subito seguito da un tuono molto potente e che causava uno strano effetto di riverbero.
Si sentì indifesa e impaurita, pensando che ci potessero essere altre creature, quasi certamente pericolose, in quel luogo. Notò poco distante da lei una casa e, dopo un dubbio iniziale, si precipitò verso essa sperando di trovarvi riparo.
Una volta entrata si rese conto che non poteva difenderla più di tanto, a causa delle mura piuttosto fragili, fatte di un legno ormai marcio forse per l’età, che ad occhio le sembrò addirittura antidiluviana, inoltre era completamente priva di qualsivoglia mobilio o suppellettile.
Dopo aver fatto un giro di ricognizione, tornò nel piccolo atrio principale per sorvegliare la fragile porta, ma fu colta da un forte spavento quando si rese conto che in un angolo di quella camera era presente la creatura che infestava ormai da troppo tempo i suoi sogni: il suo cuore cominciò a battere più forte che mai e, nonostante avrebbe voluto cacciarlo via, il fiato per pronunciare la benché minima parola le mancò non appena quello aprì le sue ali e alzò il suo viso, che mostrava un sorriso che ai suoi occhi parve subito malvagio, per fissarla.
La povera ragazza cercò di rintanarsi nell’angolo opposto a quello in cui si trovava la creatura che lei vedeva come un demonio dalla faccia conosciuta. Quest’ultimo abbassò le braccia e le ali e cercò di avvicinarsi alla sognatrice con un viso questa volta pulito.
Fran però cominciò a piangere cercando di allontanarlo nonostante non potesse ancora toccarlo: quello si fermò ma solo per un istante, e ricominciò subito ad avanzare verso di lei che era ormai in delirio dalla paura, con il viso totalmente coperto dalle lacrime.
Una volta raggiunta, la creatura alata si piegò sulle ginocchia per potersi avvicinare alla giovane e con una mano le accarezzò il viso con una delicatezza impensabile, asciugandole anche parte della faccia. Essa quindi si girò per guardarlo negli occhi senza fermare il pianto, e vide che un sorriso benevolo e solare era nato sul viso di colui che lei giudicava come un nemico: ciò riuscì per un momento a calmarla, fino a che di nuovo una vampata di paura si impossessò di lei, una paura quasi violenta, che la fece scattare in piedi per allontanare l’unico abitatore della casa all’infuori di lei.
I due continuarono a guardarsi, uno ancora sorridendo, questa volta con un velo di tristezza forse per la forte volontà che li aveva separati, l’altra invece smetteva in quel momento di piangere, ma era ancora affannata per la disperazione di poco prima.
Nessuno dei due parlò, solo il “Bruno alato” cercava di comunicare con lei tramite sguardi, poi proprio Fran si fece forza e cercò di dare inizio ad un discorso, in modo da non far terminare il sogno come tutti gli altri: «tu…tu cosa vuoi da…me…perché…perché ogni notte mi costringi a soffrire in questo modo…cosa ti ho fatto io, e perché ti presenti a me con…con il viso di una persona che…esiste davvero».
L’altro per un momento rimase confuso, o almeno questo si poteva evincere dall’espressione assunta dal suo viso e in generale dalla sua testa, che si piegò verso destra, come se non avesse afferrato le parole della ragazza, chiare nel significato ma tremolanti nell’espressione.
Dopo qualche sguardo l’uomo alato prese la parola: «cosa intendi dire con quel perché? Io esisto davvero, altrimenti non sarei qui davanti a te, Fran…».
La ragazza si sentì presa in giro dopo quella frase, e lo fece comprendere tramite il suo sguardo, a momenti feroce. Ma proprio in quel momento si rese conto che il sogno era troppo “vero”: mai aveva provato qualcosa del genere in vita sua, si sentiva intrappolata in quel mondo più che sentirsi padrona di esso, e mai aveva provato così tante emozioni differenti in un luogo creato dalla sua mente, cosa che lo rendeva ancora più reale.
L’altro nel frattempo continuò: «e, dimmi, cosa intendi dire con “soffrire”, perché mai dovrei farlo? Te l’ho già detto l’ultima volta, io sono qui per difenderti».
Fran avvicinò le mani alle orecchie come per non ascoltarlo, poi si avvicinò velocemente a lui e, mentre quello avvicinava le braccia per abbracciarla, la ragazza lo colpì ripetutamente in petto cominciando di nuovo a piangere e disse: «devi smetterla! Perché mi prendi in giro! Smettila! Ti odio! Qualunque cosa tu sia, ti odio!».
Quell’abitatore di sogni quindi, dopo averla osservata per qualche secondo, chiuse le sue braccia delicatamente attorno al suo corpo turbato per abbracciarla. La giovane lo lasciò fare mentre continuava a piangere disperatamente, ma trovò stranamente un appoggio mentale in lui, riuscì a calmarsi grazie a quell’abbraccio e grazie al sorriso di quella creatura, che vide spostando il suo viso verso l’alto: continuarono a fissarsi per un bel po’ di tempo, con gli occhi che parlavano per loro; in quelli di uno c’erano una sicurezza e una dolcezza che Fran non si sarebbe mai aspettata, giudicando anche dai suoi di occhi, ancora distrutti e supplicanti clemenza a quella creatura temuta ma ora in un modo molto più contenuto.
La paura la abbandonò del tutto, e spostò le sue braccia, piegate scomodamente sul petto dell’altro, attorno al suo corpo, potendo così sfiorare le sue morbide ali, e appoggiò la testa al posto della precedente posizione delle mani, stringendo il corpo dell’altro più forte che poteva. Sentì ridere leggermente l’altro che lasciò la presa e la ragazza, dandogli le spalle e allontanandosi verso l’angolo che occupava prima.
Di colpo l’uomo alato si girò e nel mentre pronunciò una frase: «ora devi solo scegliere…». Quando finì di voltarsi però il terrore saltò di nuovo ferocemente sulla già fortemente provata Fran: il viso dell’abitatore dei sogni infatti era diviso in due parti, metà teschio e metà uomo, così come aveva già visto altre volte.
Camminando all’indietro si chiuse di nuovo nell’angolo, con il fiatone e gli occhi sbarrati, mentre il suo corpo, nel mondo esteriore, stava contorcendosi in un modo a momenti sovrumano, cominciando a sudare freddo. Le sue mani si aprivano in continuazione, come volessero fugare un dolore troppo forte. Nel frattempo, nel mondo onirico, quella figura vivente nella sua mente si piegò verso il basso coprendosi il viso con le mani, poi dopo pochi secondi tornò a guardare la ragazza: ora la sua faccia era di nuovo interamente umana, ma Fran diffidava ancora di lui. Essa si alzò da terra, essendo scivolata per suo volere lungo il muro, volendo a momenti scomparire, ma rimase in quell’angolo, dal quale poteva fissare l’altro e poteva guardare la porta.
L’altro intanto riprese la parola: «devi solo scegliere, non devi temermi. Scegli, me –a questa parola indicò se stesso- o loro –e indicò la porta con la mano aperta e distesa-. Ora, sta a te».
La cosa che più la preoccupò fu la voce che pronunciò la parola “loro”, quella voce malvagia che aveva sentito già in passato, rimbombante e accompagnata da un forte effetto di riverbero.
Non aveva capito cosa volesse intendere con quella domanda così lo fissò, aspettando una risposta, ma dopo qualche istante qualcosa cominciò a colpire pesantemente la porta, che stranamente non crollò. Urla strazianti cominciarono ad accompagnare quei possenti colpi, urla non appartenenti al pianeta in cui fisicamente lei viveva, ma nemmeno alla sua mente: erano qualcosa di raccapricciante anche se ascoltate a gran distanza, e colpivano direttamente zone remote del cervello, passando bruscamente e malvagiamente per gli organi adibiti alla percezione del suono, ferendoli immancabilmente.
Eppure la figura alata sembrò conoscere bene quel suono, e lo ignorò come fosse stato un comune rumore, attendendo risposta alla sua domanda.
Quando la giovane era sull’orlo di una crisi, il frastuono e i colpi continui cessarono; Fran quindi fissò la porta e poi diede un’occhiata al ragazzo, quindi si scaraventò sul pezzo di legno con uno scatto velocissimo, aprendola al volo e trovandosi all’esterno.

 

Qui la follia cominciò a stendere le sue fredde e malvagie mani sulla mente di quel povero essere, a causa di quello che vide: il cielo era diventato rosso scuro, e ciò che gli rimaneva di normale erano le venature scure che dovevano rappresentare probabilmente le numerose nuvole del luogo, e il rumore di sottofondo era qualcosa di anormale per il continuo cambiamento di frequenza che si poteva avvertire.
Tale visione bastò a farla fermare e a guardarsi intorno, ma ciò che le fece mancare il respiro fu il battito del cielo: dopo qualche istante infatti tutto ciò che era sopra di lei cominciò a battere rumorosamente e lentamente, come se fosse intrappolata in un enorme cuore. Quei battiti disgustosi continuarono senza mai fermarsi, e dopo poco si rese conto che l’intero cielo si stava avvicinando a lei, comprimendosi come una stella prima dell’esplosione in nova.
Il fiato le mancò del tutto, come se l’ossigeno fosse stato succhiato via da quel mondo, si girò cercando di nuovo la creatura che l’aveva posta di fronte a quella scelta, forse era l’unico che poteva aiutarla, ma quando si voltò lo vide di profilo ancora all’interno della casa: egli mosse il capo annuendo ad una negazione, poi le voltò le spalle e davanti a lui una luce intensa apparve, e in essa egli scomparve, alzando le gambe una alla volta e infilandole in quello squarcio luminoso.
La ragazza cercò di urlare ma il fiato era sempre di meno e tutto ciò che riuscì a pronunciare fu un leggero gemito, e coprendosi la bocca inciampò all’entrata della casa senza però subire alcun danno. Prima di svenire si rese conto che la creatura onirica appena scomparsa le aveva lasciato una piuma, per metà bianca, la metà destra per la precisione, e l’altra metà nera. La strinse in mano non appena sentì di nuovo un grido straziante dietro di lei, quando si girò notò il cielo vicinissimo, a momenti tutto intorno alla casa, ma l’urlo proveniva da un essere ripugnante, alto molto di più di qualunque altra creatura umana e dalla figura mostruosa, probabilmente dalla pelle squamosa, molto robusta e dal cranio duro già alla sola vista.
Fissandolo dalla paura si rese conto che la fronte era come divisa in due parti distinte ma solidamente unite tra loro e che inglobavano gli incavi adibiti agli occhi nelle creature “normali”: quest’essere infatti non aveva alcun tipo di occhi, eppure puntava con estrema precisione la sua preda, sbavando avidamente dalla sua bocca, dotata di denti molto più aguzzi di un qualunque altro animale conosciuto nel mondo “reale” (cos’è reale…?).
Non appena quel mostro lanciò un secondo urlo la fanciulla si svegliò di colpo, con la fronte coperta da un sudore freddo, gelido, e cominciò a piangere cercando di non farsi sentire da nessun abitante della sua casa. Aveva dormito qualche ora di più rispetto alla giornata precedente, ma un sonno talmente tormentato non le sarebbe comunque servito a riposare le sue membra ormai a pezzi da tempo.

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