Le gambe volarono giù dal letto, puntellò le braccia sul materasso, e continuando a respirare rumorosamente si guardò intorno. Era stato solo un sogno, un maledettissimo incubo. Ma non ne era ancora certo, scese dal letto e cominciò a controllare ogni angolo: per prima cosa passò in cucina, lentamente: aveva paura di ritrovare quei maledetti insetti, l’inizio di quell’incredibile viaggio, a quanto sembra onirico. Ma il frigo era ben chiuso, e non c’era assolutamente niente per terra. Un sospiro, di sollievo e non solo, venne fuori rumoroso dalla sua bocca, sospinto dal basso, fin dai polmoni. Non si fermò alla cucina ovviamente, proseguì verso il breve corridoio e si girò subito verso la porta di ingresso. Cattiva idea. La porta era chiusa, questo lo capì già prima di avvicinarsi per controllare: due catene spesse e arrugginite la tenevano ben salda, disegnando come una grossa X che abbracciava tutto quello che una volta era un passaggio, come se consigliassero di stare alla larga da quell’unica uscita.
La paura cominciò di nuovo ad abbracciare il giovane, che riprese a guardarsi intorno cercando una via di scampo. Un rumore strano, un tonfo e poi uno strascichio metallico, provenì dal bagno, e il ragazzo senza pensarci due volte corse verso la porta chiusa dalle catene, urlando aiuto e continuando a colpirla con i pugni chiusi. Inutilmente. Nessuno poteva sentirlo a quanto pare, e la porta non cedeva per niente.
Solo quando si fermò, sfinito e in lacrime, notò che i rumori erano del tutto scomparsi. Ingollò la saliva, inspirò forte e trattenne per un po’ l’aria. A quel punto si alzò e si avviò proprio verso il bagno, un passo alla volta, pronto a scattare via nel qual caso un pericolo qualsiasi gli si fosse parato dinnanzi all’improvviso. Arrivato infine nell’altra stanza, spinse la porta delicatamente con un piede: non c’era nessuno, niente di strano, almeno a quella prima occhiata dall’esterno. Di nuovo inspirò un gran quantitativo d’aria, come se si trattasse di coraggio che fluttuava intorno alla sua bocca. Solo allora spalancò la porta ed entrò prepotente in un luogo che in altre circostanze sarebbe stato a dir poco familiare, non di certo un tale generatore di paura ed indecisione. Si girò subito a guardare dietro di sé, se qualcuno si fosse nascosto proprio dietro l’ingresso del bagno. Poi si girò a guardare lo specchio, e solo allora notò, riflessa, la parete alle sue spalle: proprio sopra la sua vasca da bagno c’era un altro di quegli strani tunnel luminosi, proprio uguale a quello che aveva sognato prima, all’interno del suo frigo. L’aveva dunque sognato? Era tutto vero? Stava ancora sognando?
Cominciò a tremare con veemenza, quasi una crisi epilettica si era scatenata nel suo cervello scosso, e prima di cadere per terra riuscì ad aggrapparsi al lavandino e a tenersi, mentre i suoi occhi, come ipnotizzati, continuavano a fissare quel buco giallastro apparso nel muro del suo bagno, laddove una volta c’erano delle semplici e simpatiche piastrelle. Respirava rumorosamente, e con quel respiro dispnoico riuscì a calmarsi, a rimettersi in piedi. Il suo sguardo era cambiato, e ora sul viso gli si erano disegnate rabbia e un pizzico di esasperazione. Per la terza volta, tirò dentro quanta aria riusciva a trattenere nei polmoni, e poi di corsa entrò di nuovo in quel maledetto buco, che per la seconda volta si chiuse al suo passaggio.
Per un breve tempo sentì come se stesse cadendo lentamente, quasi fluttuando, e l’ambiente intorno a lui era ancora quell’oscurità abbacinante che aveva già incontrato nel sogno (sogno?) precedente. Ma dopo poco gli sembrò di essersi fermato, i suoi piedi sembravano fermi, come se avessero raggiunto il terreno dopo un breve salto. Proprio poco dopo quel momento, intorno a lui cominciò a delinearsi un nuovo panorama: il cielo rimase oscuro, con venature verdastre, una sorta di morbosa aurora. Oltre a quegli sporadici squarci verdi, a spezzare l’asfissiante monotonia di quel cielo v’erano alcune stelle, o almeno quello sembravano: dei piccolissimi punti leggermente luminosi, a lontananze elevatissime, come posti lì dal pennello di un pittore totalmente pazzo, che ha perso il senso della distanza, e non solo quello. Dopo aver fissato quel cielo, affascinante e disgustoso allo stesso tempo, spostò lo sguardo all’ambiente intorno a lui, e si rese conto che anche quello godeva di proporzioni inumane. Si ritrovò in una immensa pianura, che presentava ogni tanto solo dei piccoli poggi seguiti da lievi avvallamenti, quasi come se fossero i corrispettivi di quelle pennellate verdi e di quelle macchie luminose sul cielo, anche questi posti lì da una mano di un essere superiore, lì solo per cambiare le caratteristiche di quel terreno, così simile a sé stesso in ogni punto. Non sapeva se conveniva proseguire, camminare in quella distesa sconfinata poteva portare a niente, o forse poteva portarlo ad un nuovo “portale” per provare ad uscire da quell’incubo, o che lo trasportasse in un altro ancora.
Nel mentre continuava a guardarsi intorno, sperando di intravedere qualcosa che potesse seguire, una luce in quel paesaggio oscuro e patologico che gli indicasse una strada, un sentiero differente da quella valle tutta uguale a sé stessa. Ma la sua attesa ottenne solo una cosa: il ritorno di quella voce senza padrone, lì a regalargli nuovi enigmi, lì a collegare quella visione di poco prima (sembrava in effetti fosse passato poco tempo, ma chi poteva dirlo) a quella attuale. -Spesso, al mattino, quando ci svegliamo a causa dei fastidiosi e freddi strilli di quelle cose che chiamiamo sveglie, ci riaddormentiamo subito dopo. Il sonno sa essere più forte della nostra volontà a volte. E capita tantissime volte che in quell’istante cominciamo a sognare, sogni lunghissimi, che sembrano durare ore, a volte storie interminabili che poi terminano solo quando la nostra mente prende consapevolezza di quel suo stato, si ricorda di quel nostro bisogno, si sveglia dentro sé stessa per farci svegliare anche all’esterno. Ed è lì che rimaniamo sbalorditi: spesso non è passato nemmeno un minuto dal richiamo della sveglia. Tutte quelle storie infinite sono state raccontate in un lasso di tempo brevissimo, come una vita intera che scorre a velocità inaudite nella nostra mente. Dicono che la morte deve essere proprio così…- I discorsi che quella voce intraprendeva cominciavano a divenire macabri, e la cosa non aiutava Billy, che preferì non rispondere.
Non appena quella voce smise di parlare, tante figure sfocate apparirono nella vallata; Billy si girò a destra, a sinistra, dietro di sé: erano ovunque, moltissime. Erano come tanti fuochi fatui, alti quasi due metri, che si spostavano evanescenti. Alcuni erano più vicini a lui, altri più lontani, ma erano tutti della stessa altezza, sia quelli più vicini che quelli più lontani, eppure qualcosa gli suggeriva che quelli più lontani non erano anche più alti di quelli più vicini a lui. Sentì dentro che in quel luogo non esisteva una qualsivoglia regola prospettica, che in realtà l’unica regola vigente era quella che imponeva di ingannare l’occhio piuttosto che assecondarlo. Il ragazzo fu però solo poco spaventato della comparsa di quelle “fiamme” eteree: in fondo non sembravano una grande minaccia, quanto piuttosto delle presenze fragili. Ad un certo punto si cominciò ad avvertire come un ronzio costante, che man mano aumentava di intensità; solo dopo poco si riuscì a capire che erano come tante voci umane sovrapposte, solo quando alcuni frammenti di parole pronunciati da timbri di voce differenti cominciarono a sovrapporsi a squarci di risate, sommessi colpi di tosse, timidi sussurri. Solo quando alcune di quelle figure vaganti fecero per avvicinarsi a Billy, in quel momento egli cercò di conferire con la voce abitante delle sue visioni: -dove sei? Cosa o chi sono queste figure? Da dove provengono queste voci sovrapposte? È un altro dei tuoi scherzi?- Una di quelle figure, la più vicina a lui, gli si affiancò: -credi ancora che io scherzi? Eccomi qui, mi cercavi vero?- Billy lo fissò, cercando di carpire una qualche immagine fissa sotto quell’inconsistente figura, ma tutto ciò che riusciva a vedere erano colori che si mescolavano insieme, come sciolti da una fiamma e ora immersi in un liquido che fluttuava di fianco a lui, un liquido capace di tenersi in piedi e non di crollare a terra. -Mostrati…- disse il ragazzo, con un filo di voce. -Non vuoi vedermi per davvero…- ribatté la voce, che finalmente proveniva da una fonte conosciuta, per quanto poco definita -ma posso rispondere alla tua domanda precedente: non riconosci queste figure? Eppure, fanno parte di ogni singolo istante della tua esistenza.- Il ragazzo allora si guardò intorno, a fissare tutti quei nuovi “intrusi” in quella landa che fino a poco prima mostrava uno scenario prettamente “orizzontale”. Eppure nessuna di quelle tremolanti presenze gli ricordava qualcosa. -Se proprio gli occhi non ti aiutano- continuò la fiamma parlante di fianco a lui -forse potrai riconoscere le loro voci: ecco da dove derivano queste parole, queste risate che ascolti ora, ecco perché puoi sentire questo ronzio, è un buon metodo per identificare persone conosciute quando gli occhi non ce la fanno da soli, non trovi?- -Vorresti dirmi che queste figure ondeggianti altro non sono che persone?- -Certo. Amico mio, dovresti essere abbastanza cresciuto non credi? Hai vissuto per così tanti anni circondato da persone, abbastanza da avere capito almeno un po’ come sono fatte. Non di certo averle capite, quello è impossibile. Ma almeno qualche piccolo trucco…- la voce ricominciò a ridere, come nell’altra visione, questa volta con una risata piuttosto fastidiosa. -Che cosa diavolo stai dicendo?- -Persone, non sono altro che persone- probabilmente l’enigmatico proprietario di quella voce, disturbatore di visioni quasi-oniriche altrui, aveva cominciato a gesticolare, poiché due protuberanze cominciarono a muoversi ai lati della figura centrale -gente che frequenti tutti i giorni, esseri umani che ti passano di fianco mentre cammini sul marciapiede. Ed è proprio il fatto che non puoi comprendere la gente che ti circonda, proprio il fatto che i loro pensieri più nascosti, ma anche quelli più frequenti, non ti saranno mai chiari, mai ti appariranno come scritti su di un libro. Tu vedi la gente, la fissi, la guardi in viso e la studi attentamente, ma quanto sai di loro? Apparenze. Da una smorfia potresti già captare qualcosa che nascondono dentro, eppure potresti facilmente sbagliarti, sei umano anche tu. Siamo animali prettamente “visivi”, e spesso quello che captiamo con gli occhi ci appaga così tanto da accontentarci, da saziare il nostro bisogno di sapere, fermare il nostro “studio” dell’altrui essenza. Sappiamo che dietro gli occhi c’è molto altro, ci sono pensieri, idee, c’è l’immaginazione, ci sono tantissime altre cose. Lo sappiamo perché lo viviamo sulla nostra stessa pelle. Eppure molti di noi sbagliano proprio in questo: molti pensano di essere gli unici ad avere il dono di pensare, di elaborare proprie teorie, di immaginare, di fantasticare sugli altri e sul mondo che ci circonda. La gente estranea, cioè tutte le persone che ci circondano, è fatta di carne e ombre, ma fin dalla nascita tutti gli uomini hanno sempre timore del buio, timore di quelle ombre, anche se tutti sanno che spesso non nascondono niente di pericoloso, anzi spesso quelle ombre celano solo qualcosa di interessante. D’altronde tutte le ombre sono figlie della luce. Ma comunque le persone rimarranno queste figure tremolanti, queste immagini irriconoscibili, quadri incompleti ai nostri occhi, che però se ne innamorano con estrema facilità. Dunque l’essenza è davvero caduca, se possiamo conoscerne solo qualche piccola caratteristica. Possiamo decidere di vivere tanto a lungo quanto per brevissimo tempo, il risultato sarà sempre lo stesso, non conosceremo mai a fondo l’essere umano, noi stessi. Una vera fregatura. Non trovi, Billy?- Il ragazzo era frastornato, non capiva dove quella voce lo stesse portando con quel discorso: -cosa vuoi dire? Io non capisco perché sono qui, perché sei diventato un sogno ricorrente…- -Sogno, bravo. Siamo sempre in quei dieci minuti ricordi? Quando si entra non si esce più…- -Smettila!- il giovane era divenuto di colpo piuttosto adirato -Spiegati una volta per tutte! Dimmi chi diavolo sei! Dimmi dove siamo! Mostrati!- -Non importa chi io sia, dato che posso essere tutto ciò che voglio, tutto ciò che tu conosci. Potrei ingannarti come più mi aggrada con una figura bene impressa nella tua mente, ma non mi interessa questo. Sto cercando di farti comprendere altro.- -Smettila! Non mi interessa il resto! Mostrati, ora!- Quella sorta di nuvola parlante si immobilizzò, poi ricominciò a muoversi più velocemente di prima. In quell’istante una luce accecante nacque proprio da quella figura, e tutte le altre fiamme simili a quella vennero spazzate via mentre Billy non riusciva più a vedere l’ambiente circostante. Appena quella luce smise di espandersi, una specie di nebbia cominciò a formarsi tutto intorno: Billy ne fu avvolto, sia esternamente che internamente, visto il suo stato di agitazione che salì d’improvviso. Aveva forse fatto arrabbiare quella figura, abitatrice dei suoi sogni? Cosa sarebbe successo ora? Dove era finita quella voce senza corpo?
Proprio mentre si poneva quelle domande, davanti ai suoi occhi la nebbia si diradò giusto un po’, ma ciò non gli servì a riconoscere le anormali strutture di quella infinita vallata in cui si era ritrovato catapultato fino a poco prima. -Dove sei finito? Che sta succedendo?- chiese ad alta voce il ragazzo, ma nessuno rispose. Continuò a fissare davanti a sé, sperando che la nebbia continuasse a scomparire un po’ alla volta. Dopo pochi istanti notò che quelle umide nuvole si muovevano, come se qualcuno le stesse spostando, e di colpo notò una figura muoversi tra quelle. Non ebbe il tempo di parlare né di muoversi: dalla nebbia proprio davanti ai suoi occhi sbucò un uomo con la testa abbassata, si fermò e cominciò a ridere. -Sei…sei tu?- chiese timido Billy. Quell’uomo con uno scatto felino saltò verso il ragazzo e alzò il braccio sinistro in aria. In quell’istante il giovane si rese conto che proprio nella mano sinistra quell’uomo stringeva un grosso pugnale da cucina. Ma non fu la cosa che lo spaventò maggiormente. Quando quell’oscuro e violento figuro alzò la testa, solo allora Billy si rese conto che quell’uomo era lui stesso, con un sorriso da folle stampato in viso. E non ebbe nemmeno il tempo di urlare, che il se stesso armato gli fu addosso subito.
E proprio in quell’istante Billy si svegliò, ancora. Più spaventato di prima. Sempre bagnato di sudore.